Le nove vite di Alberto Mario Cirese

1: Le patrie culturali

 

 


1.5 Il Messico

Alberto Cirese ha compiuto cinque viaggi di studio in Messico (1979, 1981, 1982, 1986, 1987), con soggiorni estivi di diverse settimane per volta su invito di istituzioni universitarie messicane. I primi tre viaggi sono a Città del Messico, per tenere seminari avanzati; il quarto, a Colima, Comala e Suchitlán, vede Cirese all'opera anche nella ricerca d'archivio e di campo; il quinto, a Toluca, lo trova impegnato come conferenziere a riflettere sull'identità messicana e sul turismo come fattore di cambiamento culturale.
Sono state esperienze intense e coinvolgenti che lo hanno posto in dialogo con molti giovani studiosi e con molti colleghi. Tra questi ci sono stati Guillermo Bonfíl Batalla, Jorge Alejandro González Sánchez, Gilberto Giménez Montiel, l’argentino Néstor García Canclin. Con alcuni di loro si sono stabiliti rapporti di forte amicizia. L'esperienza messicana di Cirese è stata raccontata da Francesco Zanotelli, nel saggio Con Gramsci in Messico: la quinta patria di Cirese ("Lares", vol. 81, 2015, n. 2-3: 317-331), in cui vengono ricostruite le diverse tappe, le reti di relazioni, i temi affrontati.


Città del Messico, Universidad Autónoma Metropolitana (UAM), 1981 (Archivio Cirese, Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale - Roma)

Ne emerge un quadro ricco e articolato, con spunti persino sorprendenti rispetto alla collocazione di Cirese nella storia degli studi italiani. Cirese viene chiamato in Messico in quanto esponente italiano più solido e più autorevole del dialogo tra antropologia e marxismo, e soprattutto in quanto studioso che aveva approfondito in modo originale la riflessione su Gramsci. Nel suo saggio, a p. 322, Zanotelli cita e traduce un passo da un articolo del 1999 di Gilberto Giménez: "[...] l’interesse per lo studio della cultura come oggetto di una disciplina specifica e con una prospettiva teorico-metodologica pure specifica è molto recente in Messico e non va più indietro di 20 anni. Possiamo affermare che tale interesse nasce strettamente vincolato alla scoperta delle opere di Antonio Gramsci negli anni Settanta […]. Però la figura di Gramsci ci arrivò filtrata, in gran parte, dalla demologia italiana, il cui maggior esponente, Alberto M. Cirese, fece indiscutibilmente da impulso e da catalizzatore iniziale degli studi culturali nel nostro paese". Ma in realtà ben presto il dialogo di Cirese con i suoi interlocutori messicani si allarga e la riflessione si sposta su come concetti quali egemonia, subalternità, dislivelli di cultura, cultura popolare si applichino alle moderne società complesse e ai loro consumi culturali di massa. Questioni che in Italia la demologia affrontò solo di sfuggita. "Insomma, - dice Zanotelli a p. 330 - alcuni antropologi, sociologi e scienziati della comunicazione messicana, uniti dall’esperienza dei seminari gramsciani di Cirese, elaborano una prospettiva di ricerca per certi versi simile a quella dei cultural studies britannici – almeno dal punto di vista dell’oggetto e dell’opzione di interesse nei confronti del consumo della cultura; una svolta che Cirese e i suoi primi allievi in Italia non perseguono.
Ciononostante, durante le sue permanenze in Messico, si fa coinvolgere in seminari che discutono di cultura di massa e operaia; scrive riflessioni sul turismo; addirittura fornisce consulenza a Jorge González e a Fabio Mugnaini nella elaborazione del protocollo di indagine etnografica per la campagna di ricerca nei “salotti” delle famiglie di Colima, intente ad assaporare emozionalmente la telenovela del momento".
Furono questa ricchezza di stimoli e di riflessioni e la forte intensità di relazioni umane stabilite nei suoi soggiorni a far adottare a Cirese anche il Messico tra le sue patrie culturali.

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